LA COMUNITÁ PARROCCHIALE DI S. LORENZO DA BRINDISI CENA E PRANZO
Sapevo che i poveri in Italia sono tanti e che sicuramente in una città in crisi come Taranto non poteva mancare una “adeguata” rappresentanza di questa categoria, ma vederli tutti insieme e così tanti mi ha fatto molto pensare.
Innanzi tutto il primo pensiero è stato rivolto al numero delle persone che affollavano la sala, poi mi sono chiesta se fossero presenti solo una piccola parte delle persone bisognose della città. Il giorno dopo, infatti, i partecipanti al pranzo sono aumentati.
Il sabato sera, durante la preparazione della cena, ero un po’ tesa, troppo preoccupata di essere efficiente e svelta per aiutare le mie colleghe e i volontari che numerosi affollavano la sala.
Ho anche pensato che forse il nostro numero soverchiasse eccessivamente quello dei poveri.
Così, dopo aver constatato che l’aiuto non mancava e la catena di montaggio messa in moto era efficiente e funzionale, ho cominciato a guardarmi intorno, a guardare i “poveri” e non solo i piatti e le porzioni.
I bisognosi sono entrati velocemente nella sala, occupando i posti a tavola, quasi in silenzio, abbastanza composti e poco rumorosi.
Hanno atteso pazientemente la benedizione del parroco e il suo invito a ringraziare Dio, ognuno secondo la propria religione. Poi ha dato loro il benvenuto, ed hanno cominciato a mangiare.
Scrutando i loro volti ho visto una umanità composita. Mi aspettavo molti “barboni”, quelli che si trovano alla stazione, sporchi e sciatti, e invece c’era gente dignitosa, pulita, ma triste.
Mi ha particolarmente colpita una signora, abbastanza ben curata, con modi educati che è andata via in bicicletta.
Mangiava in uno dei tavoli laterali, aggiunti in un secondo momento per gli ultimi arrivati.
Era sola, mi sembrava triste e rassegnata al suo destino, spinta dal bisogno a mescolarsi con la moltitudine di altri sconosciuti accomunati a lei solo dalla fame e forse anche dalla necessità di un contatto umano.
Ma chi sono questi poveri mi sono chiesta? Poveri per quale motivo? Per la crisi che ha portato via loro i risparmi, la casa, per un divorzio, per uno stile di vita sbagliato?
Ecco forse questo è mancato, almeno a me, durante la mensa, capire e relazionarmi con chi era oggetto della mia cura.
Mi sono chiesta se l’approccio umano fosse stato carente, se fossi riuscita a trasmettere loro qualcosa, quando andavano via salutando sorridendo.
E dietro quei sorrisi cercavo di intravedere le loro storie, le loro necessità, proiettavo su di loro me stessa e le mie ansie del domani.
Ma queste persone, mi dicevo, non hanno neppure la certezza del pranzo di domani, se sarà loro permesso indossare abiti puliti o lavarsi.
Come può l’essere umano vivere nell’incertezza del domani, dell’avvenire, bisognerebbe essere santi, affidarsi a nostro Signore completamente!
Ma loro, noi, siamo Santi? Loro, noi, lo sappiamo fare, abbiamo imparato a farlo?
Allora vorrei sapere le loro storie, conoscere le loro esperienze, i loro pensieri e processi mentali che li hanno resi adattabili alla mancanza di tutto, perché quando manca il cibo manca tutto!
Ecco cosa mi è mancato, cosa mi ha resa insoddisfatta, non dell’esperienza, ma di me stessa.
Quando la fame si quieta all’uomo restano insoddisfatti ben altri appetiti, quelli che dovrebbero andare sotto il nome di “dignità” che dovrebbe essere concessa a ciascuno di noi, che permette di essere autosufficienti e soddisfatti di sé.
Mi sembrava di essere ad una festa religiosa pagana, unica occasione per i poveri di mangiare la carne durante il sacrificio pubblico alla divinità, momento di condivisione e di vicinanza tra appartenenti a classi sociali diverse.
Ma eravamo nel XXI secolo e per fortuna in nome del Dio unico l’uomo sa ancora donare, Come i ragazzi della Gifra hanno vissuto l’evento. Ciao sono Federica, tra sabato 10 e domenica 11 Gennaio, la parrocchia ha offerto una cena e un pranzo a fratelli e sorelle disagiate. É andata molto bene. Personalmente ho contribuito a servire ai tavoli, come una cameriera in un ristorante. E loro erano i clienti. Ero con la mia fraternità, la Gioventù Francescana di Taranto… Queste giornate sono state bellissime. Non è stata la mia prima esperienza alla mensa, perché ho già contribuito in altri anni, però ogni volta è stata sempre un’ emozione diversa. Vedere quei sorrisi su quei volti, che non hanno motivo per sorridere è sorprendente. Conoscevo la storia di sofferenza di alcuni di loro, eppure tutti sorridevano. Storie di povertà che si stanno moltiplicando, ma loro continuano a lottare. Ricevere quei grazie, mi ha reso felice. Chiunque avrebbe pensato, o detto “Ci mancherebbe che non dicessero grazie!…” GRAZIE, lo dovevo dire io a loro, di avermi regalato anche soltanto per due giorni, un’emozione che non si può descrivere… Sabato 10 e Domenica 11 Gennaio, la Gioventù Francescana ha servito i “poveri e ultimi come fratelli” nella cena e pranzo con poveri. All’interno di queste due giornate mi piaceva osservare i volti di questi fratelli e sorelle che, nonostante le loro situazioni e disagi, avevano sempre un motivo per sorridere e forse è proprio questo sorriso che li fa andare avanti. Alcuni di loro erano gentili, altri si vergognavano anche a chiedere qualche cibo in più. Noi gifrini siamo stati chiamati a servirli. I ragazzi che svolgevano per la prima volta quest’esperienza erano titubanti e hanno cercato aiuto nei ragazzi più grandi. Un grazie va ai gifrini più grandi che hanno aiutato i più “piccoli” ad affrontare questa nuova esperienza. Sono state due giornate molto forti, impegnative e ricche di emozioni. Al termine eravamo pieni di entusiasmo e con la voglia di rifare quest’esperienza. Queste, per noi gifrini, sono giornate che porteremo nel cuore e faranno parte del nostro grande bagaglio che ci sta aiutando a crescere. Grazie a tutti questi fratelli e sorelle e ad ognuno di loro, che ci hanno donato sorrisi e allegria. Grazie a Padre Francesco che ci ha permesso di svolgere questo servizio.
|